DETTAGLI:
Località:
Villa Medicea della Petraia - Firenze
Proprietà:
Stato Italiano
Oggetto:
Tavolo stile Impero di legno di mogano sostenuto da tre sfingi color bronzo di legno dorato con piano in scagliola a paesaggi e bordatura a foglie verdi
Materia:
Legno, bronzo, scagliola, ferro
Autore:
Piano in scagliola attribuito a P. Della Valle
Restauratori:
Simone Beneforti con gli allievi Sofia Birindelli, Manuel Rossi del corso per Tecnico del restauro dei beni culturali (Tecnico esperto) - settore Manufatti scolpiti in legno, arredi e strutture lignee.
Tecnica di esecuzione:
Quest’opera è un tavolo in stile impero da centro.
Si compone da un piano in scagliola raffigurante un paesaggio in stile romantico circondato da un fregio di foglie di quercia. Il piano è sorretto da una fascia, sostenuta da tre sfingi alate intagliate che poggiano su base trilobata.
Il tavolo conclude con tre piedi a boccia decorati a intaglio.
Sia la fascia che la base presentano la struttura in pioppo listrata in essenza di mogano, mentre le sfingi sono intagliate in noce e laccate in finto bronzo e dorate a guazzo.
Stato di conservazione:
Ad una prima analisi visiva l’opera non presentava grandi criticità.
Si è notato, in ogni caso, la necessità di un intervento di trattamento antitarlo in quanto, soprattutto sulle parti intagliate, è percepibile la presenza di molti fori di sfarfallamento.
Il tavolo godeva di un’efficiente solidità strutturale, ma una diffusa decoesione della listra sulla fascia e sulla base.
Ciò accade naturalmente a causa dell’inevitabile ritiro del legno: se la carcassa, in pioppo, ritira in un modo (con tutte le sue cause: fibratura, tipo di taglio, disposizione dei pezzi, tipologia di assemblamento dei pezzi ecc.), non ci si può aspettare che la listra di mogano che riveste tale struttura rimanga inalterata.
Essa ritirerà quanto deve e sarà condizionata dai movimenti della struttura.
A causa di questo meccanismo, unito al naturale impoverimento di elasticità della colla animale che tiene insieme struttura e listra, si generano fratture, decoesioni della superficie e distaccamenti veri e propri. Il mogano inoltre appariva decisamente sbiancato, dando al mobile un aspetto poco vivace e soprattutto non coerente con la sua natura.
Il legno esposto ai raggi UV modifica, infatti, il suo aspetto cromatico, in più la gommalacca con il tempo tende a polimerizzare, ossia a vetrificarsi, perdendo luminosità e lucentezza.
Intervento di restauro:
L’approccio al restauro, ha permesso di mettere in luce il notevole valore tecnico-esecutivo di questo importante manufatto.
Sono qui di seguito articolate le operazioni che hanno permesso di raggiungere gli obbiettivi di questo intervento.
Dati i numerosi fori di sfarfallamento diffusi soprattutto sugli intagli, abbiamo ritenuto opportuno effettuare un’accurata disinfestazione con l’utilizzo di Per-xil 10, dato a pennello su tutte le superfici e a siringa in tutti i fori di sfarfallamento.
Questa operazione è stata ripetuta in un secondo momento a distanza di qualche mese per accertarci della non presenza di insetti xilofagi.
Siamo poi passati all’analisi dei vari elementi costitutivi, focalizzando l’attenzione sulle zone listrate.
Su queste abbiamo effettuato reincollaggi dove la listra era solo distaccata, facendo filtrare la colla con una siringa e tenendo in posizione con i morsetti.
Mentre, dove la listra era assente i vuoti sono stati riempiti con pezzetti della stessa essenza tagliati a misura, scegliendo la fibratura più simile all’originaria. Le reintegrazioni, essendo nuove, presentavano una cromia diversa dal resto, per questo sono state colorite chimicamente con il bicromato di potassio, sostanza che, ossidando il legno dona un effetto simile al legno antico.
A questo punto, anche se la vernice antica sembrava essere completamente consumata, quasi assente, abbiamo comunque effettuato un passaggio di pulitura sulla base e sulla fascia per omogeneizzare tutte le superfici.
Tale pulitura è stata effettuata con alcool 99° addensato in Klugel G.
Quest’ultimo ci ha infatti dato la possibilità di allungare notevolmente il contatto dell’alcool che altrimenti sarebbe evaporato troppo velocemente. In più ci ha permesso di abbassare la tensione superficiale dando il tempo alla gommalacca antica di risciogliersi nel solvente.
Il gel è stato successivamente rimosso con paglietta d’ acciaio fine e cotone. sulla superficie liscia e omogenea ottenuta dalle precedenti operazioni abbiamo proceduto alla lucidatura, fatta a tampone imbevuto di gommalacca.
Al momento in cui era stata applicata abbastanza gommalacca da impermeabilizzare il legno, c’è stato il passaggio delle stuccature, le quali, hanno lo scopo di occludere le ultime macrofessure e microfessure rimaste sulla listra.
Lo stucco è stato effettuato con: gesso da falegname, pigmenti e colla animale, miscelati in varie proporzioni al fine di ottenere il colore il più simile possibile al legno.
Una volta seccati sono stati rasati con carta vetrate da media a fine.
Abbiamo proceduto con la finitura a gommalacca data a tampone.
Dopo varie prove di pulitura sulle cariatidi abbiamo concluso che la più adatta fosse l’utilizzo di un’emulsione grassa neutra, una miscela specifica per la pulitura di superfici sensibili all’acqua, come le dorature.
Questa è stata poi sciacquata con white spirit ed ha rivelato il vero aspetto dell’opera, soprattutto sull’oro che appariva molto opaco e polveroso.
Tutta la superficie delle cariatidi presentava numerosi fori di sfarfalamento e diverse macrofessure che inibivano la leggibilità e l’integrità dell’opera.
Tutte le macrofessure più evidenti e dannose e la maggior parte dei fori di sfarfallamento sono stati quindi stuccati con una resina epossidica bicomponente: la Balsite.
La nostra preoccupazione in questo caso, è stato di tenere gli stucchi bassi in modo da lasciare lo spazio necessario per la gessatura della superficie.
Questi, infatti sono stati successivamente stuccati con gesso di Bologna legato con colla di coniglio in proporzione 1:13, una volta secchi sono stati rasati a bisturi per non danneggiare le parti circostanti alla fessura.
La stuccatura a gesso è stata effettuata perché era necessario preparare la base per il ritocco in modo che fosse uguale alla preparazione circostante, a suo tempo ammannita con gesso in colla animale, levigata e dipinta.
Sulle laccature, il procedimento successivo ha visto l’operazione di ritocco fatta a pennello con acquerelli mescolati fino al raggiungimento della giusta tonalità con l’aggiunta di oro in conchiglia (la laccatura è in effetti realizzata in verde impero, ossia un colore a imitazione del bronzo ossidato, di gran moda nel periodo Impero.
Questa veniva realizzata a colore a cui veniva aggiunta, in piccola percentuale della polvere d’oro per conferire ai soggetti il tipico aspetto metallico).
Sulle dorature, invece, le parti stuccate e gessate sono state rasate a bisturi o carteggiate con carte vetrate passando dalla grana più grossa a quella più fine fino al raggiungimento della superficie più levigata possibile.
Tali porzioni sono state poi bolate con bolo armeno stemperato in colla di pesce in proporzione 1:24.
Il colore del bolo è stato accuratamente scelto in base all’osservazione delle zone adiacenti alle parti da reintegrare. Infine siamo passati alla doratura a guazzo con foglia d’oro a Kt 23 ¾.
Dove necessario l’oro reintegrato è stato brunito con pietre d’agata e, successivamente consumato nelle commettiture con dei cotton fioc imbevuti in poco alcool effettuando ciò che nel restauro viene denominato “annullamento”.
In questo modo le reintegrazioni sono state esteticamente accompagnate all’oro antico visibilmente più consumato e opaco.
Tale passaggio è stato poi completato con la patinatura dell’oro tramite l’utilizzo di alcool e terra d’ombra naturale passata più volte sulle zone di interesse, aspettando tra le varie volte l’asciugatura della mano precedente.
Le cariatidi si inseriscono con un semplice incastro a dente le une nelle altre, però a causa del naturale ritiro del legno, questi incastri non solo avevano aria nell’attacco, ma avevano anche molti residui di stucchi posti in restauri precedenti che era necessario rimuovere.
Quindi, dopo un’accurata rimozione meccanica e pulitura delle zone di incastro, abbiamo posto il pezzo in sede, trovato la sua posizione, tenuto fermo con l’ausilio di piccole zeppe e molle, e riempito le fessure delle zone di incollaggio con una resina epossidica bicomponente: l’Araldite SV427.
Questa, oltre a garantire un idoneo incollaggio, ha oltretutto colmato quello spazio inestetico non conforme alla natura dell’opera.
Una volta seccata l’Araldite SV427 (24 ore) ci siamo occupati di intagliare come da disegno le nuove parti inserite poiché tutta la lunghezza delle code è finemente decorata con squame che decrescono verso la fine della coda.
Dopo di che i pezzi di stucco visibili sono stati preparati come il resto delle code, con una prima mano di colla di coniglio in proporzione 1:13, gesso di Bologna messo in colla di coniglio in proporzione 1:13, rasatura e levigature con bisturi e carta vetrata, una mano di bolo rosso stemperato in colla di pesce in proporzione 1:24, brunitura e ripresa a colore con acquerelli e oro in conchiglia tramite più mani.
Il restauro dei piedi ha previsto i seguenti passaggi: i piedi sono a boccia parzialmente laccati in verde impero con intagli dorati.
Abbiamo individuato su di essi assenze di intaglio a causa dell’usura del tempo. Infatti l’usura dei piedi è considerata normale data la loro posizione e fragilità a cui vengono esposti durante gli spostamenti.
Abbiamo ritenuto idoneo colmare tali lacune con la resina epossidica Araldite SV427 data la sua elevata versatilità, reversibilità e qualità idonee ad essere intagliata.
Tali zone, dopo essere state stuccate sono state intagliate con sgorbie e preparate come una normale integrazione: ammannitura con gesso di Bologna in colla di coniglio in proporzione 1:13, rasatura a bisturi e levigatura a carte vetrate di grane diverse.
Successivamente le parti sono state bolate con bolo armeno stemperato in colla di pesce in proporzione 1:24, con particolare attenzione nella scelta della colorazione del bolo applicandoci quella corrispondente al colore della zona adiacente. Dopo di che abbiamo proceduto come in tutte le altre zone laccate e dorate: abbiamo dorato, brunito e patinato dove necessario e ripreso il colore dove era laccato.
La ripresa a colore, come per le cariatidi è stata effettuata ad acquerelli e oro in conchiglia, a imitazione del verde impero.
Durante l’operazione di montaggio dell’opera, è stata inoltre affrontata la questione delle applique in rame dorato che delineano la parte bassa della fascia.
Queste, essendo in rame, originariamente dorato, apparivano molto scure e ossidate: questo perché l’oro si è nel tempo consumato lasciando visibile la superficie di rame, la quale si è ossidata facilmente divenendo scura, non permettendo più una coerente leggibilità dell’opera. Le tracce di oro erano infatti ancora visibili nelle parti più protette, a contatto con la fascia, dove probabilmente la superficie non è stata usurata dal tempo.
Dopo un’attenta analisi e varie valutazioni, è stato effettuato una pulitura meccanica dello strato di ossidazione tramite l’utilizzo di carta vetrata molto fine di modo che la superficie non rimanesse graffiata ma bensì liscia.
La decisione finale è stata quella di colorire la superficie con una miscela di: gommalacca, coloranti gialli all’acool e pigmento ossido verde.
Il tutto dato in un’unica mano a pennello, in modo da ottenere un tipo di colorazione più uniforme possibile infine protetto con una mano di Regalrez MAT, una vernice che, oltre a conferire il giusto grado di lucentezza, garantisce anche una certa protezione da agenti esterni.
Abbiamo effettuato delle prove di verniciatura sulle cariatidi che sono state necessarie fino al raggiungimento del punto di lucidità desiderato.
Siamo arrivati a concludere che fosse adatta una miscela di vernice Regalrez al 50% MAT e al 50% GLOSS.
La necessità di verniciare le parti laccate con una vernice nasce non solo per motivi estetici, ma soprattutto per motivi di natura protettiva.
La vernice Regalrez, in questo caso miscelata MAT e GLOSS è una resina alifatica a basso peso molecolare, caratterizzata da elevata resistenza all’invecchiamento e da proprietà ottiche vicine a quelle delle resine naturali. E’ solubile in solventi a bassa e media polarità come White spirit e essenza di petrolio o butilacetato, risulta adatta alle finiture
Materiali:
- Per-xil
- Colla di bue
- Integrazioni essenza di mogano
- Integrazioni essenza di pioppo
- Alcool 99°
- Klucel G
- White spirit
- Tween 20
- Acqua demineralizzata
- Gesso da Falegname
- Gesso di Bologna
- Pigmenti di vari colori
- Aniline all’alcool gialle
- Gommalacca
- Balsite
- Araldite SV427
- Colla di coniglio
- Colla di pesce
- Acquerelli
- Oro in conchiglia
- Bolo armeno
- Foglia oro 23 ¾
- Regalrez Mat
- Regalrez Gloss